Voglia di lavorare saltami addosso


Capisco che sia estate e che solo l'idea di lavorare possa far lacrimare le ascelle ma, dannazione, se proprio capita di venire incastrati in ufficio a qualche giorno da ferragosto, sarebbe duopo perlomeno simulare un po' di sana dedizione.
9 agosto 2007. Vengo chiamato nel pomeriggio dalla responsabile della FIN per andare a ritirare dei documenti. Con tono acido mi invita a presentarmi la mattina dopo per poter finalmente chiudere delle pratiche.
10 agosto 2007. Alle 7.30 mi trascino fuori dal letto e striscio con verve mattiniera verso il bagno. L'idea di guidare fino a Bolzano mi schifa alquanto ma, purtroppo, è inevitabile. Con l'occhio socchiuso e la lente scura che cela le caccoline mi ritrovo in macchina.
Arrivo alle alle 8.42, ma l'ingresso dello stabile è curiosamente chiuso. Comincio a danzare sotto alla fotocellula nella speranza che la porta si apra: niente di fatto. Impreco, sopratutto quando realizzo che alle 10.00 devo essere a Merano per lavoro e che potrei essere ancora beatamente supino sul letto. Mi attacco al citofono e comincio a suonare tutti i campanelli: non vi è replica. Provo anche a telefonare all'ufficio, ma anche in questo caso non ottengo uno straccio di risposta.
Ore 9.08. Un apparentemente distinto uomo di mezza età appare da dietro all'angolo dell'edificio e punta sicuro e disinvolto il portone. Una volta preso atto del guasto all'apertura automatica, tira fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e apre l'invarcabile adito. Dopo due giuste e ponderatissime bestemmie mi invita gentilmente ad entrare. Seguo il mio salvatore e punto determinato il primo piano con l'idea di bivaccare sulla soglia dell'ufficio fintanto che non fosse arrivata la responsabile della FIN. Con grande stupore trovo la porta dell'ufficio aperta. Irrompo nella stanza dove vengo accolto con freddezza. Con tono spocchioso e scocciato (imitando dunque Mastro Brogiato) faccio notare che da oltre 20 minuti sono sotto che aspetto davanti ad una porta chiusa e che avrò suonato una ventina di volte il campanello. La tipa (secca, sulla cinquantina e con la voce bassa) alza un sopracciglio e con un tono indifferente mi fa "Ah, pensavo fosse uno scocciatore". "Mi deve scusare - continua l'impiegata modello - ma stavo giocando a solitario".
Ci rimango di merda e non so cosa rispondere. Avevo pronta una discreta collezione di repliche caustiche alle tipiche giustificazioni. Penso "Cosa farebbe Brogiato se fosse al mio posto?", provo ad atteggiarmi ma qualche freddura e due velate minacce non la tangono minimamente. Pago e me ne vado con l'odio che mi corrompe l'anima.
Ore 10.00. Sfogo la mia rabbia su una povera signora di 75 anni alla quale impartisco lezioni di nuoto. Lei quasi piange e io mi sento merda. E tutto per colpa di quella stronza impertinente.

3 commenti:

  1. Zorba il Greco ha detto...

    Beh tutto sommato eri ben uno scocciatore no? Hai interrotto la sua splendida partita al solitario...  

  2. Anonimo ha detto...

    Grande, falli fuori tutti...  

  3. locustaardita ha detto...

    In alcuni casi le parole non servono. Avresti dovuto tirare fuori il pisello e pisciarle sulla scrivania.  


 

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